Dal Commodore 64 e lo Spectrum 48K non ho mai smesso di giocare ai videogiochi perche', forse, ho sempre creduto che i videogiochi nascondessero un'anima e un sentimento. I miei eroi erano (e sono tutt'ora) i mirabolanti coder, musicisti e grafici che quotidianamente portavano sui sistemi 8 bit gli enormi giochi da sala con un certosino lavoro d'amore, asportando cio' che non era vitale perche il gameplay, intatto, brillasse come un diamante.
Oggi sono un frustrato pendolare informatico ma ancora fanboy di chiunque valorizzi il gameplay anche a costo di sacrificare la resa tecnica. Ma se c'e' una cosa che ho imparato in tutti questi anni e' che i videogiochi, ora, hanno anche la forza di portare avanti messaggi e sentimenti importanti, con una forza ineguagliabile da qualsiasi media moderno.
Il tempo mi ha dato conferme:
fare un videogioco e' un lavoro di sentimento e arte, che siano pixel o poligoni.